Nella seconda metà degli Anni 50 Milano vive una stagione di grande fermento in tutti i settori, con la Torre Velasca prima e la Torre Galfa poi a caratterizzare una ‘città che sale’, crescendo di pari passo all’economia italiana ma, soprattutto, capace di sperimentare e guardare al futuro, verso una nuova modernità. Tra le realtà di maggior successo di quel periodo vi è la Pirelli; leader nell’industria della gomma che decide simbolicamente di costruire i nuovi uffici aziendali proprio dov’erano i propri stabilimenti distrutti dai bombardamenti nel ‘43.
L’imprenditore Alberto Pirelli incarica quindi l’architetto milanese Gio Ponti di progettare una torre in ‘stile nordamericano’ come simbolo del successo del marchio e dell’ottimismo nella prosperità economica. In contrapposizione al volume rettilineo, prevalente oltreoceano, il progetto guidato da Ponti e dal team di ingegneri diretto da Pier Luigi Nervi, prevede una pianta affusolata che favorisce una maggiore libertà creativa, in un’epoca nella quale i grattacieli, tutti uguali, non si concedono alla sperimentazione.
Nella foto di apertura: Progettato negli Anni 50 in prossimità della StazioneCentrale di Milano, il grattacielo Pirelli è uno dei simboli della città e della rinascita economica italiana. Con i suoi 127 metri è una delle costruzioni in cemento armato più alte al mondo.
I 32 piani della struttura svettano sul contesto adiacente alla Stazione Centrale di Milano, arretrati rispetto al fronte stradale con una scelta urbanisticamente vantaggiosa: un edificio ad alta densità, con una base contenuta, può lasciare spazio aggiuntivo per la viabilità e i parcheggi, favorendo maggiore ventilazione e luce naturale.
Il complesso del grattacielo Pirelli comprende due livelli interrati dove in origine erano stati collocati un parcheggio per 800 auto, un auditorium da 600 posti, una mensa per il personale e spazi per conferenze. I piani superiori ospitano invece uffici aperti con partizioni mobili per la massima adattabilità, un’applicazione all’avanguardia per l’epoca.
Con la circolazione e i servizi in posizione centrale, la pianta e il corridoio principale si assottigliano verso le estremità, fornendo una soluzione funzionale alla progressiva diminuzione del flusso di utenti negli ambienti collocati ai lati della pianta, conferendo all’edificio un profilo slanciato.
Il perimetro della torre, interamente vetrato, è interrotto dalle nervature verticali in cemento armato che si rastremano verso l’alto. Ai lati, i setti a sezione triangolare accolgono i condotti meccanici e i percorsi di emergenza. Venduta dalla società Pirelli a Regione Lombardia nel 1978, la torre è stata ristrutturata internamente sotto la direzione di Bob Noorda e di Egidio Dall’Orto, prima, di VicoMagistretti, poi, per far spazio a uffici e sale di rappresentanza.Ma l’evoluzione di questo monumento dell’architettura continua, perché nella prima metà degli anni 2000 è stato sottoposto a un accurato restauro dello studio Corvino + Multari per riportarlo allo splendore originale.
La qualità di questa architettura è simbolo di un’epoca importante, quella in cui nasce, a Milano e nel suo distretto produttivo, il design italiano. La torre di 127metri che per quasi quarant’anni è stata la più alta del Paese, rappresenta dunque la cultura d’impresa del boom economico, ma è anche espressione della vivacità industriale della Lombardia e di Milano che, per innovazione e qualità, sono riconosciute come punti di riferimento nel mondo per il design e la creatività made in Italy.
Proprio per questo il Pirellone, grazie alla sensibilità e alla gentile ospitalità di Regione Lombardia, è stato scelto come scenario d’eccezione per ritrarrei progetti e i progettisti vincitori del nostro EDIDA.