Vittore Carpaccio è sempre stato molto legato alla sua città d’origine, Venezia, diventando presto noto per i suoi teleri: le grandi tele che nella laguna supplivano agli affreschi e sui quali le storie più rappresentate erano quelle sacre e delle vite dei santi. Particolarmente ferrato sui temi agiografici grazie alla sua vasta cultura umanistica, Carpaccio inserisce nelle sue opere citazioni speciali e dimostra una certa abilità nel rappresentare elementi non realistici all’interno di storie reali. I suoi teleri testimoniano, quasi come i dipinti del Canaletto, l’aspetto e lo sviluppo della Venezia quattrocentesca.

Vittore Carpaccio, ritratto del primo vedutista veneziano

Va sottolineato come ascesa e declino della vita artistica di Vittore Carpaccio siano andate di pari passo con la storia di Venezia. Nato nella città lagunare nel 1465, non si sa molto sulla sua vita privata data la scarsità di informazioni scritte, alcune delle quali però è stato possibile desumere dalle date presenti sui suoi dipinti autografi. Fin da giovane Carpaccio deve aver frequentato i più rinomati salotti umanistici della città, dato che in età adulta l’artista dimostra più volte di possedere una vasta cultura. Il primo scritto che lo riguarda risale al 1472 ed è il testamento dello zio Ilario, frate del convento di Sant’Orsola, che lo elegge come suo erede. Dal punto di vista artistico, si pensa che i maestri che ispirarono la sua arte siano stati Gentile e Giovanni Bellini, e Antonello da Messina; inoltre, è certo il suo studio dei dipinti di Piero della Francesca a Ferrara, così come di quelli di Jacometto Veneziano.

Dai primi lavori all’ultima opera di Vittore Carpaccio

Diversamente da altri suoi contemporanei, le cui opere sono state ampiamente valorizzate, Vittore Carpaccio e la sua pittura sono rimasti a lungo nell’oblio e solo più tardi è diventato molto richiesto, tanto da ottenere numerose commissioni da potenti scuole veneziane. Tra il 1490 e il 1495 è impegnato nella realizzazione dei teleri delle “Storie di Sant’Orsola” proprio per l’omonima scuola, che oggi sono conservati alle Galleria dell’Accademia di Venezia. All’inizio del 1500 è occupato nel grande telero per la Sala dei Pregadi di Palazzo Ducale, mentre più tardi realizzerà il ciclo di teleri per la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni. Quando la pittura veneziana subisce un decisivo rinnovamento, Vittore Carpaccio decide di non farsi coinvolgere e di restare coerente al suo stile: ciò provoca un rapido e inesorabile declino della sua arte. Le richieste, infatti, si riducono e quelle poche che gli arrivano provengono da piccole chiese provinciali. Quando una delle commissioni gli arriva da Capodistria, Vittore Carpaccio decide di stabilirsi lì fino alla fine dei suoi giorni.

La Venezia di Vittore Carpaccio

Senza dubbio Vittore Carpaccio è stato uno dei pittori più colti del suo tempo e lo si evince proprio dalle sue opere attraverso le quali si intuisce la sua piena conoscenza dei poemi, dei romanzi cortesi, dell’archeologia, dell’arte classica, del greco e dell’ebraico, dell’agiografia, dei bestiari, dell’araldica e degli erbari. La sua pittura non ha scopi educativi, soprattutto perché l’artista è più vicino alla dottrina aristotelica e all’empirismo che alla Chiesa. Lo dimostra proprio nei suoi teleri. I primi grandi lavori su tela che realizza sono quelli dedicati alle “Storie di Sant’Orsola”: si tratta di nove tele destinate alla cappella dell’omonima Scuola e che rappresentano gli episodi della “Legenda aurea” di Jacopo da Varazze. Se inizialmente lo stile del Carpaccio si rivela un po’ acerbo e impacciato, man mano che lavora riesce a maturare e a presentare ai suoi committenti delle composizioni di grande pregio in cui si distinguono il tratto sicuro e la resa dettagliata dei paesaggi e degli scorci. I soggetti rappresentati non assumono mai delle espressioni particolari, ma sembrano appartenere a una dimensione altra in cui le emozioni non sono essenziali. Poiché Carpaccio si concentra sulla resa dei dettagli e dei particolari, tende a usare la luce per dare risalto proprio a determinati aspetti della tela.

Lo stile di Vittore Carpaccio attraverso le sue opere principali

A partire dai teleri di Sant’Orsola, il veneziano riceve diverse commissioni come il “Miracolo della Croce a Rialto”, in cui rappresenta il miracolo da solo in una parte della tela mentre incentra il resto sulla sua Venezia piena di vita, creandone una veduta di cui avrà il primato fino all’arrivo di Canaletto. Lo scopo delle sue opere è quello di raffigurare la sua città nel suo periodo migliore sia per sottolineare l’orgoglio civico dei veneziani e sia per dare voce alle posizioni politiche e ideologiche dei suoi committenti, che gli riconoscono anche il ruolo di artista di propaganda. A volte Vittore Carpaccio si prende alcune licenze inserendo nei suoi lavori edifici e paesaggi non esistenti oppure agghindando i suoi soggetti con abiti e copricapi esotici così da conferire alle scene un’atmosfera mitologica. Ciò si rivelerà nella tela delle “Storie di San Giorgio” che rappresenta “San Giorgio uccide il drago” in cui Carpaccio riporta la celebre scena all’interno di un paesaggio esotico per evidenziare le figure dell’eroe che riporta l’ordine nel mondo. In alcuni lavori del ciclo si ripresentano alcune soluzioni simili che l’artista riproporrà in altre opere. Molto importanti saranno le opere “Ritratto di cavaliere”, le pale per San Pietro Martire di Murano e per Santa Maria in Vado di Ferrara, che confermano la sua fama anche fuori da Venezia. Come accennato, Carpaccio non segue le mode del momento per cui non si adegua al rinnovamento e alle tendenze artistiche contemporanee mantenendo piuttosto il suo stile invariato e restando indietro rispetto ad artisti come Tiziano, Giorgione, Raffaello e Michelangelo. Finisce così con l’isolarsi dai suoi contemporanei e la sua volontà di non rinnovarsi condiziona le richieste da parte delle committenze che si riducono al punto che, per la sua ultima opera per il duomo di Capodistria, l’artista decide di restare nella città fino ai suoi ultimi anni di vita.